Io nella vita faccio l’operaio: un’intervista a Federico Graziano

Io nella vita faccio l'operaio: intervista a Federico Graziano

Federico Graziano (@cenepasdelart o @ggraziiano) fa l’operaio. Ha ventiquattro anni e sente da sempre qualcosa dentro di sé, una sensazione che provano diverse persone e che potreste aver percepito anche voi.

Federico sa di avere una fiamma dentro, magari ancora solamente scintilla, ma non capisce che cosa la faccia ardere. Prova ad avvicinarsi al mondo della musica, ma non funziona. Torna allora indietro ed esplora la fotografia ma niente da fare, ancora non ci siamo.

A quel punto scopre la pittura e non ha dubbi: quella è la sua bolla, la sua zona di comfort, il suo spazio. Federico Graziano trova dove e come dare libero sfogo alla propria creatività e inizia un percorso come artista autodidatta che continua tutt’ora alla scoperta di tecniche, gesti, materiali ed esercizi pratici. La storia che raccontiamo oggi è quella di un giovane artista in erba, con un approccio ancora – e per fortuna – immaturo e ingenuo, che ha come punto di forza quello dell’originalità e della schiettezza.

Io nella vita faccio l'operaio: intervista a Federico Graziano

L’arte di Federico Graziano

Non ho mai studiato, – dice –un po’ si vede e un po’ lo sento, la non preparazione a volte è uno svantaggio e non conosco i materiali, ma è un’opportunità di sperimentare e di sbagliare in totale libertà”.

Federico è, quindi, costretto a sperimentare e a fare tentativi, sia con materiali che con tecniche, esplorando diverse gestualità. Indaga un mondo nuovo e l’arte per lui è un’attività dell’io più bambino, più sincero e più puro. Nell’approccio artistico è interessante che sia il bambino a lavorare, a venir fuori e a farsi strada: è l’unica anima in grado di essere totalmente trasparente e verace nell’esecuzione delle opere. C’è una ricerca volontaria di quella sensazione di puro divertimento e di spontaneità, di essere completamente nuovi, che viene meno all’adulto intrappolato nella routine.

Quello di oggi è un viaggio all’interno delprocesso creativo.

Federico inizialmente si vergogna, e non si biasima: esporre i propri sentimenti e le proprie emozioni ci rende vulnerabili e fragili. Esporsi è, tuttavia, l’unico modo per poter raggiungere gli altri, chi è simile a noi e condivide le stesse passioni e gli stessi interessi. Esporsi sui social, a maggior ragione, è spaventoso ma è, come ben noto, un grande trampolino di lancio.

Federico nei suoi quadri riporta e trasporta le relazioni con gli altri, i rapporti con le persone care, nel bene e nel male, nella buona e nella cattiva sorte. Racconta ed esprime tutti i sentimenti dall’ amore all’odio e dalla rabbia alla pace. Federico Graziano non racconta i suoi quadri, non condivide la storia che si cela al loro interno, in virtù del fatto che ognuno possa – e non debba – trovare nelle tele qualcosa: una storia, una sensazione, un ricordo, senza influenze di alcun tipo.

In ogni quadro ci sono una o più persone o una o più relazioni, è il mio modo di omaggiare la bellezza delle persone, di quello che vedo e di come vivo le persone”, dice. L’atto di fare arte ricopre uno scopo terapeutico e diventa un vero e proprio aiuto concreto nella gestione della propria esistenza. L’arte è una via di fuga dalla quotidianità e dalla realtà: nei suoi quadri c’è un’esperienza, una relazione umana, un incontro, un dolore e una gioia immensa; c’è tanto e c’è tutto e pubblicando le opere tutto questo diventa parte di altre vite, i vissuti si intrecciano senza incontrarsi, si annodano e lasciano qualcosa di sé all’altro.

Le sensazioni che provo, che siano ridere o piangere, mentre faccio il quadro credo che si capiscano e si percepiscano osservando l’opera”. Raggiungendo gli altri esseri umani l’arte rinasce ogni volta.

Io nella vita faccio l'operaio: intervista a Federico Graziano

Dipingere e fare arte, come si è detto, sono per lui terapeutici.

Cosa significa questo? L’arte è stata spesso definita salvifica ma, sul piano pratico, in cosa consiste la salvezza?

Federico Graziano ci ha raccontato che, nel suo caso, il momento in cui sceglie di dipingere lo costringe a ripercorrere il suo vissuto, le sue emozioni. Ci confida che non è scontato per lui comprendere gli altri nell’immediata realtà: addentrarsi nel processo creativo lo aiuta e lo obbliga a capire nel dettaglio più intimo le relazioni che ha con gli altri e a conoscere se stesso, anche negli spazi più impercettibili. Dipingere gli insegna l’empatia, ad esempio. L’arte diventa terapeutica perché gli dà l’occasione di conoscersi e di conoscere chi lo circonda o lo ha circondato: in un’opera ci sono anni. Dipingendo, creando e distruggendo le opere l’artista riposiziona i pensieri al loro posto ed ha la possibilità di osservare la realtà con un distacco oggettivo altrimenti irraggiungibile. Estraniarsi, per assurdo, lo ricollega alla realtà più vera. Nel corso del processo artistico è come se si fosse creato un personaggio diverso ogni volta in base alle situazioni che si affrontano, ai pensieri che ne escono. E questo alter ego è necessario per lui: le modalità che si utilizzano con un quadro non andranno bene con un altro, come non si è la stessa persona con due persone diverse nella vita quotidiana.

Federico Graziano conclude dicendoci che dall’esperienza artistica si esce come persone diverse, certe parti di sé che sono riaffiorate sono rimaste nell’opera, e lì resteranno.

L’arte, in qualsiasi forma sia, è un processo evolutivo e di scoperta, di crescita. E non possiamo che ringraziare Federico Graziano per avercelo raccontato a cuore aperto.

Credits:  Immagini courtesy of Federico Graziano

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