Con l’arrivo della stagione della primavera, la natura si accende di colori, di profumi inebrianti, di emozioni che travolgono l’animo con una dolce carezza. I fiori, eterni protagonisti della rinascita, hanno affascinato l’arte fin dall’antichità, portando con sé simboli ambivalenti e profondissimi.
In questo viaggio esploreremo il loro doppio volto: da un lato promessa di vita, di bellezza e di speranza; dall’altro messaggio di caducità dell’esistenza, sconforto e infelicità.
Partiremo con la visione di Hayez, che nella sua “Malinconia” ci descrive il fiore come emblema della morte. Passeremo poi al colore esplosivo di Andy Warhol, che trasforma i suoi “Fiori” in un’icona Pop, generando stupore e curiosità tra il pubblico. Proseguiremo tra i petali dei ciliegi in fiore delle stampe giapponesi di Hashimoto, che hanno incantato e ispirato Vincent van Gogh: anche a lui dedicheremo uno sguardo sul delicato e maestoso “Almond Blossom”.
Concluderemo con la visione intensamente spirituale e sensuale di Dante Gabriel Rossetti, uno dei fondatori del movimento dei preraffaelliti, che con la sua “Venus Verticordia” descrive il fiore come simbolo del desiderio d’amore. Fiori: gioia dell’anima o presagio della disgregazione? La risposta, forse, fiorisce tra le pagine d’arte.
La bellezza dei fiori in 5 opere d’arte
Malinconia, Francesco Hayez

Come si dà volto alla tristezza? Ce lo mostra Francesco Hayez nel suo struggente quadro “Malinconia”, conservato alla pinacoteca di Brera proprio di fianco al celebre ”Bacio”. Qui la depressione prende completamente forma: ha il volto di una donna dai capelli corvini con occhi lucidi che fissano direttamente l’osservatore, travolgendolo dalla potenza del suo dolore. Chi la guarda non può rimanerne estraneo, viene risucchiato dal vortice di malinconia che logora l’animo della fanciulla.
È molto interessante notare che Hayez utilizza un elemento chiave per conferire questa sensazione di malessere interiore: i fiori. Li inserisce in un ragionamento filosofico, raccontando l’intero ciclo della vita. Si alternano sul tavolo di fianco alla ragazza gigli freschi, fiori di campo e violette, simbolo della tenera età e freschezza, accanto a crisantemi e rose appassiti, che al contrario rappresentano la morte e il deterioramento. È un evidente riferimento alla caducità della vita e alla fragilità dell’esistenza. La ripresa del tema della natura morta, di tradizione tipicamente fiamminga, si inserisce nella nuova corrente romantica ottocentesca, in cui l’animo dell’artista è tormentato e si interroga in modo creativo sul senso della vita. L’uomo si sente condannato ad una esistenza di sofferenza, solitudine e tormento; un sentimento condiviso anche da Leopardi nella sua poetica, in cui si vede anch’egli come il petalo di un fiore che giorno dopo giorno appassisce, scompare e diventa cenere.
Il genio romantico conduce riflessioni filosofiche sul senso del proprio essere e soffre. E da questa sofferenza crea arte, bellezza e pensiero.
Flowers, Andy Warhol

Dietro Flowers, la celebre serie di opere creata da Andy Warhol nel 1964, si nasconde una storia particolare, che invita a guardare oltre la mera serialità del processo creativo e a cogliere, invece, una dimensione più intima e profonda. Per realizzare l’opera, Warhol utilizzò la tecnica della fotoserigrafia, processo di stampa da lui ideato con cui era in grado di ottenere la duplicazione di fotografie in bianco e nero sulla tela, colorandole inizialmente con acrilici o inchiostri. Warhol selezionò una foto a colori di quattro fiori di ibisco, immortalati dall’artista Patricia Caulfield e successivamente pubblicati sulla rivista Modern Photography.
L’artista diede vita alle prime versioni di Flowers proprio nel 1964, nel corso di una esposizione nella galleria di Leo Castelli a New York, dando all’immagine un effetto maggiormente grafico e distorto. Seppur nella loro semplicità e innocenza, i fiori di Warhol. emanano un grido assordante di fronte alla caducità della vita, alludendo al complesso rapporto tra la vita e la morte.
In Flowers il dolore non viene enfatizzato, ma rimane nella sua cruda tangibilità, impersonale, se non per la normale casualità introdotta dal processo serigrafico. La fragilità di questi fiori di ibisco diventa così metafora della fragilità dell’uomo, ricordando a chi osserva che, per quanto doloroso o consolante, tutto possiede una fine.
Sakura, Meiji Hashimoto


La primavera in Giappone è estremamente significativa per la fioritura dei ciliegi, un momento simbolico che incarna un senso di rinascita e di celebrazione di fronte alla bellezza fugace dei miracoli della natura. Il pittore Meiji Hashimoto rende omaggio a questo toccante avvenimento attraverso Sakura, dipinto realizzato negli anni Settanta del Novecento. Questo capolavoro nascosto fu realizzato in due diverse versioni. La più conosciuta si trova nel Palazzo Imperiale di Tokyo, e fa parte della decorazione di una delle porte principali della Sala di Stato. L’utilizzo dell’oro nello sfondo dona luminosità all’opera, ponendo in risalto il vero soggetto principale, il ciliegio in fiore. Hashimoto rappresenta i fiori con grande minuziosità e attenzione ai dettagli, esaltandone la purezza e delicatezza attraverso l’uso di un colore rosato e tenue, che immerge l’osservatore nella potenza della natura.
La seconda versione di questo dipinto fu invece commissionata da Yamazaki Taneji, fondatore del Yamatane Museum di Tokyo. Pur simile nel concetto alla prima, in questa seconda opera viene data maggiore enfasi allo sviluppo del tronco e dei rami dell’albero, mentre nella prima, di dimensioni maggiori, predomina uno stile maggiormente decorativo, che riflette la natura cerimoniale della Sala di Stato.
Venus Verticordia, Dante Gabriel Rossetti

Tra le opere più significative del movimento preraffaellita, la Venus Verticordia(1864), si distingue per il simbolismo e l’ambiguità con cui rappresenta la dea dell’amore. Il titolo viene dal latino e significa “colei che volge i cuori”, fa riferimento ad un epiteto romano della dea, venerata come la divinità capace di cambiare i cuori degli esseri umani da impuri a virtuosi, riconducendoli sul sentiero della purezza morale.
Nel dipinto, la Venere è immersa in una natura rigogliosa e carica di significati nascosti. Se si concentra l’attenzione sui caprifogli, si nota come questi si intreccino tra i capelli di Venere o spuntino tra la vegetazione a simboleggiare un amore fedele ma anche avvolgente fino al soffocamento, a testimonianza del rischio che possono avere dei sentimenti troppo forti. Le rose cremisi, rosse come il sangue e la passione, richiamano la sensualità, la bellezza, e contemporaneamente la possibilità di perdizione legata al desiderio. In mano, la dea stringe una freccia dorata, chiaro richiamo al potere erotico che può ferire tanto quanto attrarre. Rossetti costruisce così un ritratto totalizzante dell’ambivalenza di Venere: affascinante e divina, ma anche seducente e pericolosa, emblema di un amore che incanta e travolge.
Almond Blossom, Vincent Van Gogh

Il dipinto Almond Blossom, realizzato da Vincent van Gogh nel 1890, rappresenta uno dei rari momenti di serenità nella sua produzione artistica. L’opera fu concepita come dono per la nascita del nipote, figlio di suo fratello Theo, che fu chiamato proprio Vincent. Il mandorlo in fiore, protagonista della composizione, è tra i primi alberi a sbocciare, diventando così simbolo di rinascita, speranza e nuovi inizi.
L’inquadratura ravvicinata dei rami contro un cielo azzurro compatto riflette l’influenza dell’arte giapponese, in particolare delle stampe ukiyo-e, che Van Gogh collezionava e studiava con attenzione. L’artista adotta qui una composizione semplificata e decorativa, con contorni marcati e colori brillanti, allontanandosi momentaneamente dalla sua pennellata nervosa e turbolenta.
Almond Blossom si distingue per la sua luminosità e il messaggio positivo che trasmette: a differenza di altre opere dell’artista, più cupe e interiori, qui il fiore diventa veicolo di augurio e vitalità. Un’opera che, pur inserendosi in un percorso biografico complesso, si colloca tra le più significative per comprendere il lato più intimo e affettuoso di Van Gogh.