L’editoria italiana sta attraversando un momento complesso. I dati del 2023 hanno mostrato un fatturato di 3,439 miliardi di euro, con una crescita modesta dell’1,1% rispetto all’anno precedente. Tuttavia, il Rapporto sullo stato dell’editoria in Italia 2024 dell’Associazione Italiana Editori (AIE) mostra come nei primi sei mesi del 2024, le vendite nel mercato trade – che include narrativa e saggistica venduta in librerie, online e nella grande distribuzione – siano calate leggermente, registrando un -0,1% e fermandosi a 675,8 milioni di euro. Anche le copie vendute hanno subito una contrazione, con 900.000 unità in meno rispetto al 2023.

Questi numeri raccontano un settore che fatica a ritrovare slancio e stabilità. Ma non tutto è perduto: ci sono strade da esplorare per invertire la tendenza e ridare all’editoria italiana la centralità che merita.

l primo nodo da affrontare è quello delle dimensioni. Oggi molte realtà editoriali sono troppo piccole per reggere il passo con i costi e la complessità del mercato. Più che competere da sole, dovrebbero unire le forze: fusioni, collaborazioni o consorzi potrebbero essere la chiave per raggiungere una massa critica. Con più risorse a disposizione, le case editrici potrebbero ridurre i costi, migliorare la qualità dei loro prodotti e investire in quello che davvero conta: l’innovazione.

La tecnologia, infatti, è l’alleato che non si può ignorare. L’intelligenza artificiale non è solo una moda, ma uno strumento potentissimo per migliorare ogni aspetto del lavoro editoriale. Immaginate contenuti personalizzati per ogni lettore, articoli che rispondono esattamente ai loro interessi. Oppure processi più veloci e precisi, con revisioni automatiche e traduzioni immediate. E non parliamo solo di efficienza: con un uso intelligente dell’IA, anche la distribuzione dei contenuti può fare un salto di qualità, raggiungendo più lettori nei luoghi (digitali) giusti e al momento giusto.

Poi c’è il tema del valore. Troppo spesso l’editoria cerca di competere al ribasso, puntando sulla quantità invece che sulla qualità. Ma è un gioco pericoloso, che rischia di svalutare il prodotto stesso. La strada da seguire è un’altra: offrire contenuti di alto livello, pensati per chi è disposto a pagare di più per qualcosa di speciale. Edizioni premium, approfondimenti su argomenti di nicchia, o esperienze multimediali che mescolano testi, video e podcast: ecco cosa può davvero fare la differenza.

Ma per farlo, bisogna anche cambiare mentalità. L’editoria non può più vivere solo di vendite dirette. Modelli di abbonamento flessibili, collaborazioni con brand che vogliono associare il loro nome a contenuti di qualità, o addirittura progetti finanziati direttamente dai lettori attraverso il crowdfunding: sono tutte strade che possono aprire nuove opportunità di guadagno.

Certo, nessuna di queste soluzioni è facile. Richiedono coraggio, investimenti e, soprattutto, una visione a lungo termine. Ma se l’editoria italiana saprà abbracciare il cambiamento, potrebbe tornare a essere quel punto di riferimento culturale che è sempre stato. E, perché no, magari sorprenderci ancora una volta.

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